Lotta Europea

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martedì 6 settembre 2011

La nostra crisi

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Come con ogni crisi che si rispetti, la classe politica si sta prodigando al meglio per fermare il tracollo economico.
Mentre una mano liberalizza, l’altra cava il sangue dalle rape. I tentacoli dello Stato dedito all’usura fanno quello che possono.
E se per ridurre il debito pubblico italiano, ormai al 120% del PIL, causato da mille sprechi e da un sistema ingiusto di creazione del debito, si deve annuire ai soliti diktat dei detentori del credito (ovviamente non si parla dei cittadini), allora via alla nuova ondata di liberalizzazioni. Anziché la casta, gli sprechi e il signoraggio, la mannaia cadrà sulle pensioni e sul lavoro, in poche parole sul popolo.
Proprio l’attacco al lavoro non poteva mancare nei punti fondamentali al vaglio delle camere per la manovra economica. Già reso fin troppo “flessibile”, ormai da anni, con tutte le conseguenze del caso che le generazioni precarie stanno subendo, da quando il mercato umano è stato adeguato allo sciacallaggio del liberismo.
Non basta, non si può intralciare il mercato!
Lo statuto dei lavoratori si potrà aggirare con un semplice accordo tra le aziende e i sindacati territoriali (i veri maiali di questa storia), anche riguardo disposizioni contrarie ai contratti collettivi di categoria. Il licenziamento senza giusta causa sarà così di nuovo possibile in faccia a secoli di lotte dei lavoratori.
Nel frattempo si richiede l’austerità, il contributo di solidarietà, la riduzione dei consumi, la castità (i figli costano troppo) e di continuare a fare quello che si è sempre fatto: tenere giù la testa.
Come se la colpa fosse del popolo. O forse è davvero così?
Da anni si sente starnazzare slogan del tipo: “La vostra crisi non la pagheremo noi!”
Mai cosa più stupida e falsa! Siamo noi la causa di questa crisi.
Non le banche. Non il capitalismo finanziario che genera e brucia milioni di dollari dal nulla, che vive di continui collassi a causa del paradosso intrinseco alla sua natura, che cade e si rialza sempre, più vorace di prima.
Perché con la testa chinata sull’Iphone 4, acquistato in comodato d’uso, oppure seduti in un’automobile che non ci potremmo permettere, storditi in una discoteca o dispersi nei nuovissimi centri commerciali, siamo noi le batterie umane che alimentano la truffa del sistema.
E se non si vuole immaginare un destino diverso, non è giusto piangere il presente.
Gli eventi, probabilmente drastici che accompagneranno i prossimi anni, saranno l’occasione per molti di tornare indietro a quella scelta, quando hanno barattato la libertà e l’orgoglio in cambio di mille cose inutili e persino, magari, raggiungere la lotta di liberazione.
Dietro quel fronte troveranno quelli come noi che un altro destino lo immaginano, lo edificano, si preparano a difenderlo.
Non lo sognano sospirando come gli schiavi, lo pretendono.

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